di Donatella Cuomo
Che «Masterpiece» sia stato un flop non siamo noi a dirlo ma i dati d’ascolto, inferiori alle aspettative. Poco anche il gradimento, che non si misura più con l’indice, ma si percepisce nei feedback fra Stampa e Rete. Non piace al pubblico di massa, perché troppo «elitario», non affascina l’élite culturale perché, alla fine, la scrittura vera, se c’è, non si vede o non si percepisce come tale. Insomma, in questi mesi, anche dopo la ripresa della programmazione, i difetti del format son venuti a galla come gli gnocchi. Non acchiappa il racconto televisivo perché c’è poco da narrare, i giudici si prendono troppo sul serio, i concorrenti pensano che sia l’occasione della vita e non si capisce se scrivano per talento, esigenza psicoanalitica fai-da-te, o se effettivamente abbiano qualcosa da dire che meriti di passare ai posteri in un libro.
Ciò che, comunque, lascia perplessi assai, ma che misura la fragilità e l’inconsistenza del programma in sé, è rappresentato da alcune delle prove per saggiare il talento dei concorrenti. Uno di tali esami prevedeva la stesura d’un improbabile «tweet» fantascientifico che doveva essere redatto in pochi minuti. Ora che vi sia un dibattito sulla tweetletteratura non è un mistero, che diventare romanziere, però, debba transitare per un tweet ci sembra un’aberrazione. In un «cinguettio» ben riuscito c’è sicuramente uno sforzo creativo notevole: c’è sintesi, capacità di impressionare i follower, rapidità nel cogliere umori. Insomma, il tweet potrebbe diventare una forma letteraria a sé, per molti versi, ma sempre legati al mezzo con cui si comunica e alle circostanze per cui nasce.
La letteratura, quella vera, è tale perché mantiene inalterata nel tempo il proprio potenziale, perché è universale e dinamica, offre una riflessione, una immagine, un ricordo che ci si porta dentro, per sempre. Sinceramente non sappiamo dirvi se anche i cinguettii che strappano un sorriso o un pensiero siano destinati alla stessa durata. Il tentativo di Masterpiece ci appare come una sorta di insicurezza dei mezzi propri della letteratura, del saper scrivere e del destare interesse, una necessità di attrarre interesse con un modulo contemporaneo, ma soprattutto una forma inutile, di spettacolarizzazione.
È probabile che molti eccellenti scrittori e molti appassionati lettori non abbiano mai scritto un tweet, senza che le loro attitudini ne abbiano risentito. E chissà se, in un futuro prossimo, dopo il riassunto, il tema in classe e il componimento breve, a scuola introdurranno la lezione di tweet.
Donatella Cuomo
Gazzetta del Sud
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