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lunedì 7 luglio 2014

Il giornalista Musolino e l’«invito» ai fedeli del parroco di Oppido Mamertina

Calabria, un caso che ha suscitato molto clamore in tutt’italia. Parroco invita in chiesa, durante l’omelia, a schiaffeggiare un giornalista del Fatto Quotidiano. Il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri: «Un atto intollerabile!». Solidarietà a Lucio Musolino dal mondo giornalistico italiano, politico ed istituzionale. http://noigiornalisti.tumblr.com - http://twitter.com/NoiGiornalisti - http://www.laltracalabria.it

sabato 19 aprile 2014

Urbino, al via dal 25 aprile il Festival del giornalismo culturale

Urbino, in programma dal 25 al 27 aprile la seconda edizione del Festival del giornalismo culturale, organizzato dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche dell’Università "Carlo Bo". Tre giorni all'insegna dell'Informazione e della Cultura per sensibilizzare i più giovani. Il primo bando, infatti, è rivolto agli studenti delle scuole superiori della Regione Marche e ha come titolo: "Internet per la cultura. Quanto ti serve la Rete per conoscere il mondo?". Il secondo bando è invece intitolato "Con la Cultura si mangia?" ed è rivolto ai giornalisti di età inferiore ai 35 anni (iscritti nei rispettivi elenchi dell'Albo professionale: prf, pbl e praticanti) oltre che agli iscritti e ai diplomati nelle Scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine.

L'Ora della Calabria

Lo stop alle pubblicazioni del quotidiano «L’Ora della Calabria». Solidarietà del presidente regionale dell’Ordine ai giornalisti e alle maestranze della testata. Giuseppe Soluri su NoiGiornalisti-Google+

lunedì 17 marzo 2014

Ma uno scrittore deve saper scrivere un tweet?

di Donatella Cuomo

Che «Masterpiece» sia stato un flop non siamo noi a dirlo ma i dati d’ascolto, inferiori alle aspettative. Poco anche il gradimento, che non si misura più con l’indice, ma si percepisce nei feedback fra Stampa e Rete. Non piace al pubblico di massa, perché troppo «elitario», non affascina l’élite culturale perché, alla fine, la scrittura vera, se c’è, non si vede o non si percepisce come tale. Insomma, in questi mesi, anche dopo la ripresa della programmazione, i difetti del format son venuti a galla come gli gnocchi. Non acchiappa il racconto televisivo perché c’è poco da narrare, i giudici si prendono troppo sul serio, i concorrenti pensano che sia l’occasione della vita e non si capisce se scrivano per talento, esigenza psicoanalitica fai-da-te, o se effettivamente abbiano qualcosa da dire che meriti di passare ai posteri in un libro.
Ciò che, comunque, lascia perplessi assai, ma che misura la fragilità e l’inconsistenza del programma in sé, è rappresentato da alcune delle prove  per saggiare il talento dei concorrenti. Uno di tali esami prevedeva la stesura d’un improbabile «tweet»  fantascientifico  che doveva essere redatto in pochi minuti. Ora che vi sia un dibattito sulla tweetletteratura non è un mistero, che diventare romanziere, però, debba transitare per un tweet ci sembra un’aberrazione. In un «cinguettio» ben riuscito c’è sicuramente uno sforzo creativo notevole: c’è sintesi, capacità di impressionare i follower, rapidità nel cogliere umori. Insomma, il tweet potrebbe diventare una forma letteraria a sé, per molti versi, ma sempre legati al mezzo con cui si comunica e alle circostanze per cui nasce.
La letteratura, quella vera, è tale perché mantiene inalterata nel tempo il proprio potenziale, perché è universale e dinamica, offre una riflessione, una immagine, un ricordo che ci si porta dentro, per sempre. Sinceramente non sappiamo dirvi se anche i cinguettii che strappano un sorriso o un pensiero siano destinati alla stessa durata. Il tentativo di Masterpiece ci appare come una sorta di insicurezza dei mezzi propri della letteratura, del saper scrivere e del destare interesse, una necessità di attrarre interesse con un modulo contemporaneo, ma soprattutto una forma inutile, di spettacolarizzazione.
È probabile che molti eccellenti scrittori e molti appassionati lettori non abbiano mai scritto un tweet, senza che le loro attitudini ne abbiano risentito. E chissà se, in un futuro prossimo, dopo il riassunto, il tema in classe e il componimento breve, a scuola introdurranno la lezione di tweet.
Donatella Cuomo
Gazzetta del Sud

giovedì 20 febbraio 2014

Libertà di Stampa, un diritto inviolabile

di Vincenzo Pitaro

Se a correre un serio rischio non fosse stata la libertà di Stampa e la democrazia del nostro Paese, beh, tutti noi giornalisti (e non solo) avremmo potuto senz’altro divertirci ad osservare - con quello stesso distacco, tipico del critico teatrale che assiste a una commedia di pessimo gusto - questo «brutto pasticciaccio» della politica italiana che sta caratterizzando, soprattutto negli ultimi tempi, la cosiddetta «seconda Repubblica».
Invece, ahinoi!, in quest’Italia della «politica improvvisata» - che non si sa bene dove andrà a finire - non si può certo continuare a stare a guardare come un… Prezzolini alla finestra.
Stanno accadendo le cose più strane: giri di valzer che contribuiscono a creare sistematicamente un clima di incertezza, liste bloccate che già hanno privato e continueranno a privare l’elettorato anche del diritto di scegliere a chi dare la preferenza, tentativi di assicurarsi impunità a tutti i livelli, intenzioni di modificare la Carta Costituzionale, provvedimenti che vorrebbero mettere alle strette con norme inadeguate la giustizia e l’Informazione, e via dicendo.
Non manca chi parla di «golpe strisciante», un termine che ovviamente non può non essere considerato inappropriato, piuttosto esagerato. Tuttavia, questi continui «condizionamenti» non fanno altro che indebolire la democrazia, finendo per rendere persino nullo il voto espresso dagli italiani.
Al contrario di quanto qualcuno pensa, intanto, non è vero che la gente non capisca i motivi di questi strani accanimenti. Mi diceva l’altro giorno una signora, conosciuta durante un volo aereo, che «la politica, oggigiorno in Italia, ha tradito tutto e tutti, ha pienamente deluso».
Poi, sentite un po’, ha finanche aggiunto (testualmente) che ciò che sta accadendo, in questo periodo, «offende i diritti naturali di ciascuno, altera la funzione dello Stato, turba la pace comune, indebolisce il sistema democratico».
A sentir pronunciare queste parole, sinceramente, siamo rimasti (non solo io ma anche altre persone presenti alla conversazione) davvero attoniti, sbalorditi.
Ma veramente le cose stanno andando così male nel nostro Paese? Veramente quel «mosaico» che costituisce la nostra democrazia sta perdendo una tessera, un tassello, giorno dopo giorno?
Non c’è democrazia al mondo, si sa,  che non passi attraverso la libertà di stampa. Eppure qualcuno (o più di qualcuno), al tempo d’oggi, perdipiù nell’era di Internet e dei Social Media, pretenderebbe di scippare all’opinione pubblica il diritto di essere informata.
Diceva un famoso leader, alcuni lustri anni addietro, che «La democrazia in Italia è ormai adulta» e che «negli anni, politica e democrazia, sono cresciuti insieme». Non aveva tenuto conto, però, di un particolare molto importante: che può essere triste trovarsi adulti senza essere cresciuti e che può essere ancora più triste trovarsi cresciuti senza essere adulti. Nessun riferimento diretto, naturalmente, ai politici. Anche se ciò potrebbe valere sia per la democrazia che per loro.
Vincenzo Pitaro

mercoledì 19 febbraio 2014

Viva solidarietà a Luciano Regolo, direttore de «L’Ora della Calabria»

«L’Ora della Calabria» e la Libertà di Stampa

di Giuseppe Soluri

La vicenda che ha coinvolto «L’Ora della Calabria», e le pressioni che il direttore responsabile del giornale, Luciano Regolo, afferma di avere subito dal suo editore e - attraverso lo stesso editore - anche dallo stampatore, rappresentano plasticamente la situazione di difficoltà, di debolezza e, in qualche caso, di degrado, in cui si muove l’editoria calabrese. Nell’occasione, Regolo ha denunciato il fatto ed ha resistito alle pressioni, e non possiamo che essere felici di questo. Il fatto conferma però, purtroppo, che quando la proprietà di un giornale è legata ad interessi non solo editoriali ma anche in qualche misura direttamente dipendenti da scelte politiche, è facile immaginare a quali e quante pressioni un direttore o una redazione siano quotidianamente sottoposti e quanto sia difficile difendere lo spazio di libertà che la stampa deve avere. Nel riaffermare il diritto dei giornalisti di non essere sottoposti a pressioni o censure di alcun genere da parte di chicchessia ed il diritto dei direttori dei giornali di esseri interpreti della linea editoriale concordata con gli editori e non certo gli «insabbiatori» di questa o quella notizia, l’Ordine dei Giornalisti della Calabria ribadisce la necessità che i giornalisti abbiano sempre e soltanto la propria coscienza, il proprio senso di responsabilità, la propria deontologia professionale, come punti di riferimento nello svolgimento del loro difficile lavoro. La libertà di stampa passa attraverso questi punti fermi e non può tollerare intrusioni o pressioni di alcun genere.
Giuseppe Soluri
Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria

sabato 1 febbraio 2014

Arriva "Paper", il giornale di Facebook

Si chiama «Paper» e sarà lanciato negli Usa il prossimo 3 febbraio, per poi approdare anche in Italia e nel mondo. Si tratta di un servizio di news targato Facebook che non proporrà notizie basandosi su un algoritmo - come ad esempio fa Flipboard - ma grazie a operatori dell’informazione in carne ed ossa.  
Secondo nuove indiscrezioni che arrivano dall’autorevole blog Re/code, il social network sta arruolando redattori per la nuova piattaforma. Mossa che #Facebook per ora non conferma, sulla scia del neonato News Digest di #Yahoo!
"I nostri redattori", spiega Re/code, "avranno il compito di scandagliare le notizie di una decina di settori e dovranno proporre un mix delle storie migliori per ogni sezione. Tutti gli articoli saranno scelti da questi redattori". Paper, secondo le fonti, non sostituirà il News Feed, il flusso di notizie nelle bacheche degli iscritti, oltre un miliardo, ma sarà un servizio a parte, non si sa ancora se sotto forma di app o sul web. Sarà invece subordinato al flusso di notizie in quando potrà contenere soltanto quegli articoli che i media hanno già condiviso su #Facebook. 
L’obiettivo di Paper infatti dovrebbe essere proprio quello di incentivare gli editori a condividere sempre più contenuti sulla piattaforma social, invogliando gli iscritti a passare più tempo sulla "piazza virtuale". E di conseguenza garantendo più "occhi" agli inserzionisti pubblicitari. Una sfida non solo ad altri aggregatori di notizie come Google News o Flipboard ma anche a piattaforme come Twitter sempre più gettonate per informarsi sui temi caldi del momento.

venerdì 31 gennaio 2014

PhotoArchivio

PhotoArchivio

Internet, Umberto Eco replica a Eugenio Scalfari

Il progresso della Rete non si può fermare

di Umberto Eco *

Nell’antichità faceva paura persino la scrittura. E ora si discute su #Internet. Che, se usata nel modo giusto, può fare tanto bene ai ragazzi. Anche se non potremo evitare i dannati della Rete
Qualche “Espresso” fa scrivevo una lettera a un nipotino ideale incoraggiandolo a far uso della sua memoria senza limitarsi a trarre informazioni da quel repertorio peraltro indispensabile che è Internet. Immediatamente un talebano del digitale, non ricordo in quale blog, mi accusava di essere (come al solito, diceva) nemico di Internet. Come se chi critica coloro che vanno a centottanta sull’autostrada o guidano in stato di ebbrezza sia contrario all’automobile e non la usi mai. Di converso, sull’“Espresso” scorso Eugenio Scalfari (ricordando la mia ultima Bustina in cui parlavo dei poveretti condannati a un eterno presente che nella trasmissione “L’eredità” avevano mostrato di ritenere che Hitler e Mussolini fossero vissuti negli anni Sessanta, Settanta o Ottanta) mi rimproverava (affettuosamente) l’eccesso opposto, e cioè di dare troppa fiducia a Internet come possibilità di reperire informazioni.
Scalfari osservava che è proprio l’appiattimento creato dalla memoria artificiale “on line” a rendere una generazione malata di dimenticanza. E osservava parimenti che l’uso della Rete, dando l’impressione di essere in contatto con tutto e con tutti condanna in realtà alla solitudine. Sono due malattie del nostro tempo su cui sono d’accordo e molto ho scritto in proposito. Scalfari però non cita quel passo del “Fedro” platonico in cui il Faraone rimprovera al dio Theut, inventore della scrittura, di aver escogitato una tecnologia per colpa della quale gli uomini perderanno la buona abitudine a far uso della memoria. E invece è poi accaduto che la scrittura abbia invogliato la gente a ricordare quanto avevano letto, e che è solo per merito della scrittura che si è potuto scrivere quell’elogio della memoria che è la “Recherche” proustiana. Come a dire che si può usare benissimo Internet e coltivare nel contempo la memoria, cercando persino di ricordare quanto si è appreso da Internet.
La questione è che la Rete non è qualcosa che possiamo decidere di respingere, e così è accaduto coi telai meccanici, con la motorizzazione, con la televisione; essa c’è, neppure le dittature potranno mai eliminarla, e quindi il problema è non solo riconoscerne i rischi (evidenti) ma anche decidere come ci si possa abituare (ed educare i giovani) a farne un uso critico.
Pensiamo a un buon insegnante che propone una ricerca sull’argomento X, e sa di non poter evitare che i suoi alunni vadano a prelevare soluzioni cotte e mangiate su Internet senza fare la minima fatica. Quell’insegnante può proporre di cercare notizie su quell’argomento in almeno dieci siti di Internet, paragonando le risposte, rilevando le eventuali differenze o contraddizioni tra sito e sito, cercando di stabilire quale sito sia il più attendibile - magari andando a fare verifiche anche su supporti cartacei (o anche soltanto sulla Garzantina). A quel punto i ragazzi avranno attinto alle informazioni che Internet può dare - e che sarebbe stolido evitare - e al tempo stesso avranno ragionato con la propria testa e si saranno costituita la propria memoria personale su quanto avranno scoperto su X. Si noti inoltre che, chiamati a confrontare mutuamente le loro ricostruzioni, i ragazzi saranno anche sfuggiti alla condanna della solitudine, e avranno ritrovato il gusto del confronto faccia a faccia.
Non si potrà malauguratamente evitare che esistano i dannati della Rete, ormai incapaci di sottrarsi al rapporto solitario e fascinatorio con lo schermo. Se né genitori né scuola saranno stati capaci di farli uscire da quel girone infernale, lo metteremo nello stesso conto in cui si mettono i drogati, gli onanisti compulsivi, i razzisti, i visionari mistici, i visitatori di cartomanti, ovvero tutte quelle forme degenerative a cui ogni società deve responsabilmente far fronte. Ma ha dovuto farlo in ogni epoca.
Se oggi questi “malati” sembrano troppi è perché nel giro di cinquant’anni siamo passati da 2 a 7 miliardi di abitanti del pianeta. E questo non è colpa della solitudine imposta dalla Rete, ma caso mai da un eccesso di contatto umano.
-
* L'espresso - La bustina di Minerva

#Dibattito

Giornalismo & Albo

Perché non possiamo abolire l’elenco dei Pubblicisti

di Marco Volpati

C'è chi sogna un Ordine dei giornalisti senza i pubblicisti. Ma sarebbe un rimedio peggiore del male. Le vie possibili sono due: tutti insieme in un unico elenco, #giornalisti e nient'altro, cioè todos caballeros, chiudendo gli occhi di fronte alle differenze di ruoli e di presenza; oppure estinzione dei pubblicisti attuali, con la scelta di non ammetterne più per il futuro.
La seconda via lascerebbe fuori dalla porta dell'Ordine e degli altri organismi di categoria, a partire dal sindacato, tante figure che a diversi livelli concorrono a fare informazione. Chi fornisce opinioni o contributi specialistici (pensiamo a politologi, sociologi e costituzionalisti che intervengono su temi politici, economisti, medici, informatici, e così via), e anche chi raccoglie in sede locale notizie e le fornisce sistematicamente ai mezzi di informazione.
C'è chi invoca, e non sono solo gli editori, l'esistenza del citizen journalism per dire che in tanti, nella società e sul web colgono, trattano e diffondono le notizie; troppi, secondo loro, perché se ne possa stabilire status professionale e definire una remunerazione.
È un inganno (o un abbaglio). Dobbiamo distinguere (dinsambiguare, direbbe un patito del web) tra il cittadino che coglie direttamente un fatto o un'immagine e la posta sul web (lui non è giornalista; più che fare informazione è fonte di #informazione), e chi, anche con tecnologie nuove, opera per conto dei media.
Marco Volpati
Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

I giornalisti e la formazione professionale

Formazione obbligatoria per tutti i giornalisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell’Albo professionale (Prf e Pbl), compresi i pensionati in attività. È si legge sul portale del Cnog, www.odg.it. Da gennaio 2014, infatti, per effetto dell’art. 7 del DPR 137/2012 (Riforma dell’Ordine professionale), anche i giornalisti italiani dovranno assolvere all’obbligo della Formazione professionale continua (FPC).
Per assolvere all’obbligo formativo, ogni iscritto dovrà maturare 60 crediti in un triennio (con un minimo di 15 crediti annuali) di cui almeno 15 su temi deontologici. I crediti potranno essere ottenuti in svariati modi (art. 3 del Regolamento attuativo approvato dal Consiglio Nazionale fra cui attività formative anche a distanza, frequenza di corsi, seminari e master organizzati anche da soggetti formatori terzi (ad esempio le Università) autorizzati però dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog). Ogni ora trascorsa per partecipare a un evento formativo darà diritto a due crediti. L’impegno massimo per ogni iscritto sarà dunque di 10 ore l’anno.
La formazione deontologica, che prevede un quarto dei crediti totali richiesti nel triennio, sarà gratuita per ogni iscritto e, dunque, a carico dell’Ordine. A questo proposito, sarà disponibile già nelle prossime settimane un corso e-learning sviluppato dal Centro di Documentazione Giornalistica sulla base delle indicazioni fornite dal Cnog. I primi piani formativi, contenenti gli eventi utili al conseguimento dei crediti, saranno pubblicati entro la fine del mese di marzo su un’apposita sezione dei siti del Cnog  e degli Ordini regionali.
Intanto, nella convinzione che la formazione continua dei giornalisti sia un’opportunità da sfruttare nel migliore dei modi, il Cnog ha stanziato risorse economiche importanti che verranno messe a disposizione degli Ordini regionali e, dunque, di tutti i colleghi.